|a cura di Maria Parente

Il bullismo dilaga all’ombra della nostra consapevolezza, una macchia sempre più estesa e tra giovanissimi: l’uno insegna l’altro alla prepotenza, ad imporsi con la violenza, a scaricare rabbia e frustrazioni sui coetanei più deboli. I bulli si riconoscono tra loro con uno sguardo, si richiamano alla compattezza, marchiano il territorio e dettano le regole: con o contro di loro e questa seconda chance può costare cara.
Bullismo che al di là della concezione classica presenta tante e differenti sfumature come ad esempio tra le più note il cyber-bullismo definito una particolare forma di bullismo commesso tramite l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, come telefoni cellulari, Internet, tablet e le più colpite sono proprio le ragazze, generalmente nell’età compresa tra 11 e 17 anni.
La morte di Willy che non può essere considerato nella parentesi “bullismo”poiché vittima e carnefici superano l’età circoscritta dal fenomeno, dovrebbe comunque insegnare come violenza e prepotenza siano atteggiamenti da condannare e magari da prevenire: i nostri ragazzi andrebbero rieducati alla società civile, alle buone maniere, al rispetto degli altri come per se stessi. Invece no: i nostri ragazzi, giovani e adolescenti, vengono trascurati, considerati quasi l’ultima ruota del carro, in primis dai loro stessi genitori che quasi sembrano essere orgogliosi di aver messo su personaggi violenti giustificando anche i misfatti compiuti, scusandoli e condividendo gli atteggiamenti scellerati delle loro creature, ed anche dalla società che per nulla interviene cercando di portare sulla retta via giovani in via di perdizione.