29 Marzo 2024, venerdì
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Infrastrutture,Atlantia “crolla” sotto i colpi del Ponte Morandi:il Governo cosa deciderà?

GENOVA-Sono trascorsi ben 17 giorni dal crollo del Ponte Morandi che un vortice di polemiche ha coinvolto negativamente la società gestita dalla famiglia Benetton: un colosso ,quello di Atlantia S.p.a (già Autostrade S.p.A.), costituita nel 2002 e presente nel settore delle infrastrutture autostradali e aeroportuali, con 5.000 chilometri di autostrade a pedaggio in Italia, Brasile, Cile, India, Polonia e la gestione degli  aeroporti  di  Fiumicino  e Ciampino in Italia e dei tre aeroporti francesi di Nizza, di Cannes e di Saint-Tropez.Immagine correlata

Una delle priorità di Atlantia,dopo aver dedicato qualche minuto di silenzio alle 43 vittime del Ponte Morandi, è stata quella di pensare a risparmiatori e investitori. Dalla mattina del fatidico 14 agosto, quando il Viadotto del Polcevera è crollato, Atlantia è caduta di oltre il 20%, mandando in fumo 5 miliardi di euro di capitalizzazione, soldi anche del mercato (fondi sovrani esteri e piccoli risparmiatori). Dopo un rimbalzo a inizio settimana, oggi il titolo si è di nuovo inabissato (-4%), perchè si fa sempre più concreta l’ipotesi di una revoca delle concessioni autostradali per Atlantia.

ANAS IN PRIMA LINEA– Data la delicatezza della questione,dello Stato non attende a replicare e ad imporsi con decisione: difatti  un’eventuale passaggio all’Anas dei circa 2.800 chilometri in concessione ad Autostrade per l’Italia non sarebbe complesso né richiederebbe una gara, essendo già (l’Anas)un gestore pubblico. C’è da aggiungere inoltre che la società guidata da Vittorio Armani, da gennaio all’interno del gruppo Ferrovie dello Stato non avrebbe neanche problemi di flussi finanziari, grazie ai pedaggi che incasserebbe e che, al pari oggi di Autostrade/Atlantia, le consentirebbero di sostenere i debiti per investimenti e per il ristoro del gestore uscente. A regolare il sistema della concessione che affida la gestione della rete ad Autostrade è la Convenzione del 199(IV Atto Aggiuntivo) tra la società ed Anas che allunga considerevolmente i tempi prevedendo l’estensione della concessione dal 2018 al 2038.

LA HOLDING ATLANTIA FA CAPO AD AUTOSTRADE PER L’ITALIA

Era il 1950, quasi 70 anni fa, quando per iniziativa dell‘Iri, l’istituto per la Ricostruzione Industriale, nasceva la Società Autostrade Concessioni e Costruzioni S.p.a. Alla prima Convenzione, del 1956, firmata tra Anas e Autostrade, per co-finanziare, costruire e gestire l’Autostrada del Sole tra Milano e Napoli, sono seguite una serie di altre convenzioni per delineare le arterie autostradali del Paese. Ma l’anno che ha segnato il cambio di passo nella storia delle autostrade italiane è il 1999:e’ il momento in cui subentra con il 30 % un nucleo di azionisti privati, riuniti nella Società Schemaventotto Spa che fa capo alla famiglia Benetton e che rappresenta, ancora, attualmente il socio forte del gruppo.

Gli azionisti della Schemaventotto (controllata al 60% dai Benetton) a fine 1999, versarono 2,5 miliardi per il 30% della Autostrade.Nei cinque anni successivi i pedaggi aumentarono del 21%, con un incasso complessivo di oltre 11 miliardi, mentre gli investimenti venivano contenuti al minimo, appena il 16% di quanto previsto nella convenzione e nell’atto aggiuntivo. Si creava quindi un ampio polmone finanziario(cit. Giorgio Ragazzi) che consentiva alla Schemaventotto di lanciare un’Opa totalitaria sulla Autostrade che si concludeva, nel febbraio 2003, portando la quota di Schemaventotto all’84% circa.Questo acquisto, con un esborso di circa 6 miliardi (quanto incassato dall’Iri per la vendita di tutta la società), venne finanziato interamente a debito tramite una newco poi subito fusa nella Autostrade: così Schemaventotto passò dal 30 all’84% della Autostrade senza sborsare un euro, accollando alla società un debito che questa avrebbe ripagato coi pedaggi. Successivamente, Schemaventotto fece cassa cedendo le quote in esubero rispetto a quanto opportuno per mantenere il controllo e così, dopo appena tre anni, recuperò quasi interamente quanto pagato all’Iri, restando però al controllo di una società con davanti ancora 30 anni di concessionee profitti attorno al miliardo l’anno. Un affare strepitoso per i Benetton e loro coazionisti, senza il minimo rischio! E pare che oggi, in caso di revoca della concessione, possano chiedere una penale-indennizzo di 20 miliardi.

LE INFRASTRUTTURE CON DI PIETRO…-Nel 2004 diviene efficace un’integrazione secondo cui Autostrade per l’Italia si deve impegnare in un ulteriore piano di potenziamento della rete ma è il 2006 a puntare ancora i riflettori del sistema della concessione. Siamo sotto il Governo Prodi e il ministro delle Infrastrutture è Antonio di Pietro che vuole rivedere il tema delle concessioni e avvia un confronto con le varie società autostradali per arrivare a un accordo sui correttivi da inserire nella convenzione. La Convenzione Unica tra Anas ed Autostrade, quella in vigore oggi e richiamata ripetutamente in questi giorni, venne sottoscritta il 12 ottobre 2007 ma è nel 2008 , con il Governo Berlusconi, che diviene efficace per legge. L’ultimo capitolo, conclusosi ad aprile di quest’anno, riguarda la proroga di 4 anni della concessione ad Autostrade per l’Italia, fino quindi al 2042, dopo un’interlocuzione tra il ministro Graziano Delrio (governo Renzi) e la Commissione Ue con il via libera di Bruxelles all’estensione della concessione a fronte dello sblocco di investimenti per alte opere applicando incrementi tariffari calmierati.

...DODICI ANNI DOPO CON IL PENSTELLATO TONINELLI– Per mettersi alle spalle il dramma del 14 agosto, il M5S spazza via le incertezze e torna al suo spirito anti-establishment delle origini e quindi la necessità di ribaltare il sistema, puntando sulla nazionalizzazione delle concessioni autostradali e affidando la ricostruzione del ponte Morandi a Cdp e Fincantieri.Per Autostrade ,è chiaro,non c’è più spazio dopo quanto successo a Genova e a ribadirlo sono prima il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e poi il vicepremier e capo politico pentastellato Luigi Di Maio.

FONDI EUROPEI PER LE INFRASTRUTTURE:E L’ITALIA COSA FA?-L’Italia,dal canto suo,potrebbe disporre di milioni e milioni di euro da spendere per nuove strade, autostrade, linee ferroviarie. Fondi studiati per migliorare e ammodernare ogni Paese dell’Unione europea. Soldi che ci sono, che sono previsti e che però vanno utilizzati, altrimenti si rischia di perderli. Basti pensare che per il periodo 2014-2020 l’Italia ha diritto a 44,6 miliardi di fondi Ue, ma dei vari finanziamenti a disposizione finora ha speso solo piccole percentuali, con una media che raggiunge il 5%.Qualche esempio: degli oltre 21 miliardi del Fondo per lo sviluppo regionale (Fesr), 1 miliardo e 382 milioni è per le infrastrutture (un altro miliardo è invece per i trasporti), ma nel 2017 solo il 3% è stato speso, anche se il 71% è comunque stato assegnato. La maggior parte è stato destinato alle regioni del Sud — Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia — dove, con altri fondi nazionali, viene finanziato il Programma operativo nazionale (Pon) Infrastrutture e Reti, cioè il potenziamento delle linee ferroviarie dello snodo di Palermo e Napoli, o l’adeguamento della linea tirrenica Battipaglia-Reggio Calabria, o il potenziamento del porto di Salerno.

Come in ogni tragedia italiana che si rispetti,si corre ai ripari sempre dopo la tragedia. Se prima non ci scappa il morto,non si trova il tempo da dedicare a questioni fondamentali come quello delle infrastrutture. Se ne parla per anni e anni ma si rimanda la soluzione a data da destinarsi: perché quando sono le famiglie a piangere per un figlio,un marito od un fratello è questo il momento ideale per aprire le questioni e puntare i riflettori sui grossi problemi che affliggono l’Italia. Intanto Autostrade S.p.a si rassegna alla sua fine. Dopo 19 anni di dominio con Atlantia,la famiglia Benetton deve(che lo voglia o no)accantonare l’affare colossale rappresentato dalla gestione delle autostrade. Ed il Governo è già a lavoro sul da farsi: sarà la volta buona della nazionalizzazione?

a cura di Maria Parente

 

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