20 Aprile 2024, sabato
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Sfuma l’appeal europeo sui vicini d’Oriente

Gli eventi drammatici che hanno travolto l’Ucraina in questi mesi hanno portato alla luce due implicazioni fondamentali dell’approccio dell’Unione europea (Ue), verso il proprio vicinato orientale.

Politica europea di vicinato
In primo luogo, la crisi ucraina ha dimostrato quanto sia lacerante la decisione che si è da più parti tentato di imporre all’Ucraina, ovvero una scelta di campo tra l’integrazione nell’Ue e l’approfondimento delle relazioni con la Russia, con le due opzioni che si escludevano vicendevolmente.

La drammaticità di una tale scelta, dovuta ai profondi legami sia economici che storici e culturali con entrambi i vicini, si vede tutta nel fatto che, posta di fronte a un aut-aut, l’Ucraina appare oggi sull’orlo di una guerra civile, o quantomeno di una frammentazione.

In secondo luogo, sono emerse tutte le limitazioni delle iniziative varate dall’Ue verso il vicinato orientale, prime fra tutte la Politica europea di vicinato (Pev) e il Partenariato orientale. Si è visto soprattutto quanto scarso sia l’impatto (e forse anche la consapevolezza) dell’Ue rispetto all’evoluzione politica dei propri vicini e alle dinamiche regionali. 

Dall’inizio le politiche europee avevano mostrato di avere un ruolo di fatto ininfluente nelle trasformazioni politiche dei vicini: piuttosto che alla democratizzazione promossa dall’Ue, nel vicinato si era finora assistito a un consolidamento autoritario (ad est) e al caos scaturito dagli esiti incerti delle Primavere Arabe (a sud). 

Ma anche nel caso di eventi come quelli ucraini, che andavano nel senso di una richiesta di maggiore democrazia da parte della popolazione, l’Ue si è dimostrata un attore del tutto marginale. 

Ancora una volta, i suoi Stati membri si sono mostrati divisi e incapaci di parlare con una sola voce. La stessa sorpresa mostrata dall’Unione di fronte al dietrofront di Viktor Janukovič è indice di una sua scarsa consapevolezza delle dinamiche politiche interne del paese e degli equilibri regionali. Inoltre, non è chiaro come l’Ue abbia intenzione di gestire il problema del ruolo negli eventi di Euromaidan di movimenti ultranazionalisti e neonazisti.

Credibilità del partenariato orientale 
È soprattutto la portata simbolica degli eventi ucraini ad avere il maggior impatto sulla credibilità delle politiche europee. Fin dal varo della Pev (giugno 2003), l’Ucraina ha assunto un ruolo chiave tra i paesi destinatari ed è apparso chiaro dall’inizio che i rapporti tra questo paese e l’Ue sarebbero serviti da modello, tanto positivo quanto negativo, per impostare le relazioni con gli altri vicini: in poche parole, era evidente che il successo o meno di questa politica sarebbe stato valutato in larga misura sulla base della sua performance in Ucraina.

Dunque, tra le potenze esterne coinvolte più o meno direttamente nella crisi, l’Ue è probabilmente quella che ne esce più provata. La lezione ucraina avrà senza dubbio sulla politica estera europea un impatto tale per cui la Pev verso est e il Partenariato Orientale non potranno non risultarne profondamente indeboliti e privati di una parte importante della loro credibilità. Eppure, al tempo stesso, questa potrà essere un’occasione per ripensare profondamente queste iniziative.

Vicinato orientale stabile e democratico
Una volta appurato che una politica fatta di tecnicismi e di stretta condizionalità non funziona (soprattutto in assenza di una strategia di ampio respiro dietro), appare quanto mai necessario creare a monte le condizioni per la stabilizzazione e la democratizzazione dei paesi del vicinato orientale.

Per fare ciò, è necessario innanzitutto un impegno decisivo dell’Ue nella risoluzione dei conflitti presenti nella regione (un tema praticamente assente da queste iniziative) che minano alla base ogni tentativo di creare condizioni di stabilità e sicurezza nel vicinato. Il che, a ben vedere, sarebbe uno degli obiettivi primari delle politiche dell’Ue verso quest’area.

Inoltre, sarebbe opportuno porre maggiormente l’accento su forme di socializzazione che cambino nei cittadini dell’Europa orientale il modo di pensare e di partecipare alla vita del loro paese. Questo può essere fatto rafforzando quel ramo oggi abbastanza marginale del Partenariato Orientale che riguarda i rapporti tra persone, dunque agendo maggiormente su temi quali politica dei visti, partecipazione a programmi dell’Ue, scambi culturali ed educativi.

Questa attenzione ai cittadini dei paesi vicini potrebbe rivelarsi molto più efficace rispetto a condizioni politiche applicate in modo incoerente dall’Ue e recepite in modo selettivo dalle élite al potere in questi paesi, per quanto filo-europee queste possano essere.

Del resto, il punto di forza dell’Ue è sempre stato il suo potere di attrazione sui cittadini degli altri paesi (spesso più forte di quello esercitato sui suoi stessi cittadini) ed è su questo piano, non certo su quello dell’hard power, che l’Ue può eventualmente pesare di competere con la Russia, grande modello politico alternativo nel vicinato orientale. 

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