27 Aprile 2024, sabato
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L’obbligo assunto dall’azienda con le O.S. può risolversi per impossibilità sopravvenuta

Con accordo sindacale concluso nell’ambito delle consultazioni relative ad un trasferimento di ramo d’azienda, le parti collettive hanno concordato, ai sensi dell’art. 47 della l. n. 428/1990 (nella formulazione in vigore all’epoca dei fatti) e in deroga all’art. 2112 cod. civ., il passaggio solo parziale, in capo al cessionario, del personale adibito al ramo d’azienda ceduto, con individuazione nominativa dei dipendenti interessati. Nell’ambito del suddetto accordo, il cessionario si è impegnato ad assumere ulteriori lavoratori, tra quelli inizialmente rimasti in forza presso il cedente (nel frattempo sospesi in CIGS), ad una serie di scadenze prefissate.
La negativa congiuntura economico finanziaria globale, a partire dal 2008, ha costretto il cessionario del ramo d’azienda a rivedere i propri progetti industriali. La situazione è sfociata in una pesante crisi aziendale che, negli anni a seguire, ha portato la società a cessare completamente la propria attività e cadere, infine, nell’ambito di una procedura concorsuale. 
D’altro canto, l’irrompere della crisi ha impedito al cessionario di rispettare l’obbligo di assunzione a cui si era impegnato con l’accordo sindacale di cui sopra e tale impossibilità è stata manifestata espressamente, con una lettera inviata alle OO.SS. sottoscrittrici dell’accordo. 
Le OO.SS. hanno inizialmente rinunciato a lamentare l’inadempimento dell’accordo de quo; anzi, hanno concluso con il cessionario nuovi accordi sindacali aziendali per il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Dopo oltre un anno dalla scadenza dei termini previsti nell’accordo sindacale di cui sopra per l’adempimento dell’obbligo di assunzione, le OO.SS. hanno avviato nei confronti del cessionario un procedimento ex art. 28 St. Lav. di repressione della condotta antisindacale. Il ricorso è stato rigettato dal Tribunale di Brescia perché privo di attualità.
A questo punto, alcuni dei lavoratori a suo tempo rimasti in forza presso il cedente del ramo d’azienda, con ricorso congiunto, hanno instaurato una azione collettiva ai danni del cessionario, chiedendo l’adempimento dell’accordo sindacale originariamente concluso e, pertanto, la loro assunzione da parte del cessionario ovvero un risarcimento del danno quantificato in 48 mensilità per ciascun ricorrente.
Il Tribunale di Brescia ha rigettato anche il ricorso dei lavoratori, ritenendolo nullo. Nello specifico, il Tribunale ha affermato che, nel proprio ricorso, i lavoratori non hanno spiegato a che titolo sarebbero legittimati a rivendicare l’adempimento di un obbligo assunto dall’azienda nei soli confronti delle OO.SS.. La sentenza di primo grado è stata, quindi, impugnata dai lavoratori.
La Corte d’Appello di Brescia, con la sentenza in commento (Corte Appello di Brescia, sentenza 6 marzo – 8 aprile 2014), ha segnato una nuova puntata di questa saga infinita. 
Diversamente dal Tribunale, la Corte ha ritenuto che i lavoratori sono singolarmente legittimati ad agire in giudizio contro l’azienda per far valere l’obbligo di assunzione, assunto da quest’ultima nei confronti delle OO.SS., ma evidentemente nell’interesse dei singoli lavoratori, avendo la natura sostanziale di un contratto a favore di terzo. In particolare, la Corte ha giudicato che “l’accordo sindacale, sebbene sottoscritto soltanto dalle OO.SS., esplica i suoi effetti anche nei confronti dei singoli lavoratori, rappresentati dalla OO.SS. e che manifestino, espressamente o anche implicitamente, la volontà di aderire allo stesso”. Inoltre, “l’accordo tra organizzazioni sindacali e datore di lavoro può essere ratificato dai lavoratori interessati anche con condotte che dimostrino in maniera significativa e certa la volontà di condividere l’operato delle suddette organizzazioni e di accettarne gli effetti”.
Tuttavia, la Corte ha rigettato nel merito le pretese dei lavoratori, ritenendo che l’obbligazione assunta dalla società con l’accordo sindacale si è risolta per impossibilità sopravvenuta, ad essa non imputabile, essendo stata “evidentemente colpita dalla crisi economica nazionale e internazionale iniziata nel 2008, in termini ben più pesanti di quelli che essa stessa si era attesa” quando si è assunta l’obbligo di cui si discute. 
La Corte ha soggiunto che l’obbligo de quo, se anche non si fosse risolto per impossibilità sopravvenuta, sarebbe venuto comunque meno per fatti concludenti, alla luce dell’iniziale acquiescenza delle OO.SS. a lamentarne la violazione. Tanto è vero che, per questa ragione, il ricorso ex art. 28 delle OO.SS. è stato a suo tempo rigettato. E, una volta estintosi l’obbligo nei confronti delle OO.SS., esso non è più azionabile nemmeno dai lavoratori che avrebbero potuto beneficiare del suo adempimento.

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