25 Aprile 2024, giovedì
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Separazione solo dal Giudice Tutelare

Il Decreto affronta l’interessantissimo aspetto del coniugare i Diritti, quelli personalissimi di un soggetto, che sia anche sottoposto, sempre nel suo interesse, ad una misura di “sostegno”.

Il caso sub iudice è dato dal ricorso svolto dall’amministratore di sostegno di una donna, madre di due figli, di cui uno minore, che era giunta alla determinazione di proporre l’azione per la separazione personale e per la quale quindi l’amministratore di sostegno aveva presentato, al giudice ordinario, istanza per la nomina di un “curatore speciale”.

L’istanza in parola aveva posto il Tribunale di Milano avanti a due diversi aspetti, entrambi da approfondire, ovvero: l’idoneità o meno per lo stesso amministratore di sostegno di poter proporre direttamente, e nell’interesse del soggetto “sostenuto”, l’istanza per la separazione personale e l’individuazione della specifica competenza a decidere nel merito dell’istanza.

Col Decreto in commento sono stati esaminati entrambi, ma di più, grazie al lavoro svolto dall’ottimo relatore, si è ripercorso lo stato dell’arte dell’esercizio del Diritto in capo ad una persona in regime di “amministrazione di sostegno”.

Questo perché, come è intuitivo, l’aspetto collegato ad un esercizio giursdizionale di un diritto “personalissimo”, come quello afferente alla separazione ed al divorzio, mal si concilia in prima battuta, con il regime di sostegno di cui possa godere un soggetto.

Ed infatti l’amministrazione di sostegno, normalmente viene disposta per coadiuvare nell’opera di amministrazione delle proprie sostanze, chi non sia più in grado di provvedervi in modo del tutto autonomo.

In questo senso viene ricordata l’opera ermeneutica svolta dalla giurisprudenza del Supremo Collegio nell’individuare la “permanenza” in capo ad un soggetto, anche in regime di sostegno, dei diritti personalissimi, non valendo la nomina dell’amministratore come momento di caduta dell’esistenza di questi.

Tra tutte rammentiamo la Sentenza n. 2183/2013 della Prima Sezione della Cassazione che nel descrivere il “diritto alla separazione” personale l’ha collocato tra quelli che realizzano la personalità di un individuo, a sugello e conferma delle proprie precedenti pronunce che, sin dalla Sentenza n. 9582 del 2000, hanno ammesso l’incapace anche alla “promozione del giudizio di divorzio come parte attrice e non solo come parte convenuta”.

Tale sentenza emessa prima della legge n. 6/2004, ovvero prima del riordino delle competenze del regime delle interdizioni, prevedeva poi la specifica nomina di un Curatore speciale la cui presenza, giusto il diritto vigente, è limitata ai soli casi di “conflitto di interessi (anche solo potenziale) tra rappresentante ed incapace”.

Ed in tal senso viene richiamata la giurisprudenza di merito del giudice tutelare che si è attestata nel riconoscere come, la necessità della nomina di un “curatore speciale” nei giudizi di separazione e divorzio, debba essere legata dall’accertamento, in concreto, di una tale necessità, non potendosi ritenere sufficiente “l’assiomatica prospettazione di un potenziale conflitto di interessi tra tutore/amministratore ed incapace, in ordine all’esercizio dei diritti c.d. personalissimi”.

Laddove pertanto non si rientri nell’ipotesi di un conflitto di interessi, e pertanto laddove l’amministratore di sostegno non sia esso stesso il coniuge della parte, ben potrà quest’ultimo essere incaricato di svogere anche il ruolo di “curatore speciale”, figura prevista dall’art. 4, 5 co. della legge n. 898/70 per il caso del divorzio di interdetto.

Così inquadrata la competenza della funzione, il decreto del Tribunale della famiglia di Milano ha inteso affermare come “insostituibile e necessaria la figura del Giudice Tutelare” quale magistrato competente ad esplicitare quella “imprescindibile valutazione della rispondenza dell’azione di separazione, o del divorzio, all’effettiva volontà del beneficiario”.

Una tale indagine, infatti, per la delicatezza dell’analisi da svolgere, non può essere superata dando ingresso ad una diversa procedura, come quella attivata richiedendo ex art. 78 cpc al Collegio di designare un “curatore speciale”, perché ciò ammettendo si ometterebbe la concreta verifica dell’interesse del soggetto da tutelare, che è opera “fisiologicamente del Giudice Tutelare”.

Solo questo Giudice potrà, infatti, secondo la corretta lettura del provvedimento milanese, porre in essere, con la diretta conoscenza dell’istante, un’analisi dell’effettiva sussistenza dell’autonoma scelta prima e del successivo concreto interesse della parte, ad agire per la propria separazione personale od il proprio divorzio.

Per altro, il decreto si chiude con un’ulteriore considerazione : “non è affatto vero che si renda sempre necessaria l’intermediazione del rappresentante”  il beneficiario ben potrebbe, infatti, porre in essere da sé, l’attività di promozione  del giudizio di separazione, sempre all’esito della valutazione del Giudice Tutelare che non abbia a ritenere necessaria alcuna assistenza o rappresentanza questo, ovviamente, di regola nei casi in cui la misura di protezione ex art. 404 c.c. abbia a  scaturire da un’impedimento che sia di natura fisica e non mentale.

Ne consegue, come l’istanza presentata al Tribunale di Milano e tesa alla nomina di un “curatore speciale” per l’instaurazione di un giudizio per la separazione del beneficiario della misura di sostegno, sia stata rigettata con un “non luogo a provvedere” e con l’indicazione di “rivolgere specifica istanza” in merito all’Ufficio del Giudice Tutelare.

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