25 Aprile 2024, giovedì
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Portare i bimbi in pista? Giusto. Che follia accusare i genitori

Ogni giorno, purtroppo, nel mondo muoiono migliaia di bambini, per malattie, fame o incuria. Poi ci sono gli incidenti, come quello che domenica, sulle piste di Gressoney, ha ucciso Matilde, bimba di tre anni investita da un ragazzino mentre scivolava verso valle, nella fila dietro al maestro.

La tragedia ha scatenato un dibattito molto acceso, c’è chi se la piglia con il destino, chi con l’investitore, chi con la pista o il maestro, chi addirittura con i genitori della vittima, che non avrebbero dovuto portarla, così piccola, a sciare.

Mi astengo da ogni giudizio specifico visto che non ho assistito all’incidente né conosco la famiglia della bimba, dare giudizi in ogni caso non ha senso, ora serve solo provare a capire perché è successo e fare tutto il possibile perché non succeda più. Facile a dirsi! Fosse così semplice evitare le situazioni pericolose e gli errori già commessi, la droga e l’alcol non farebbero più vittime e sulle strade non morirebbe più nessuno: la prevenzione aiuta e riduce il rischio, ma non lo può azzerare, perché, piaccia o no, la nostra vita è legata al caso – o destino, o fato, chiamatelo come vi pare.

Astraendomi dunque dal fatto specifico di Gressoney, vorrei innanzi tutto sostenere quei genitori che portano i figli in montagna e resto a bocca aperta quando leggo che «a tre anni un bambino dovrebbe pensare a giocare e divertirsi e non a sciare». Perché, lo sci cos’è se non gioco e divertimento? Sarebbe forse consigliabile tenere un bimbo in casa davanti alla televisione per fargli correre meno pericoli? L’incidente è successo mentre Matilde sciava, ma avrebbe benissimo potuto succedere mentre era in macchina diretta a Gressoney, su quella tremenda A4 Milano-Torino che da almeno quindici anni è un cantiere pericolosissimo, con tratti a due corsie ridotte e delimitate da muretti. Chi si sarebbe scandalizzato per una morte altrettanto tremenda? A tre anni un bambino sano e robusto può sciare senza problemi, magari non fare un corso collettivo per una settimana di fila e non scendere su una pista nera ripida e ghiacciata (Matilde è morta dietro un dosso di una blu senza difficoltà), ma non credo che sciare sia più pericoloso che arrampicarsi su certe strutture che si vedono nei parchi gioco cittadini o attraversare una qualsiasi strada intasata di una qualsiasi città o paese.

Si potrebbe forse sconsigliare un genitore di portare i figli a sciare la domenica, quando le piste sono più affollate… bella forza! Ma se uno in settimana lavora, come fa? Anche questo, in ogni caso, è un falso problema e parlo per esperienza, visto che mio figlio fu investito, proprio all’età di tre anni, in una mattinata feriale con tempo perfetto, neve ideale e zero persone in pista, anzi una, che non lo vide e lo prese in pieno causandogli un trauma cranico e toracico oltre ad uno choc – non a lui, ma a me che lo seguivo e che lo soccorsi – che ancora oggi fatico a superare quando sono in pista e sento che qualcuno mi passa vicino a tutta velocità.

Si dice tanto che i bambini italiani non fanno sport e purtroppo è vero, basta andare all’estero per capire quanto gli altri siano diversi, molto più liberi e svegli e senza tanti problemi di caldo, freddo, attento, non sudare, frena, non farlo, fermati, e la lista di precauzioni potrebbe continuare all’infinito. C’è solo da sperare che la tragedia di Gressoney non allontani le famiglie dalla montagna, che in inverno è senz’altro il luogo più meraviglioso dove trascorrere una vacanza con i propri figli, specie in questa stagione, con tanta neve, giornate lunghe e sole caldo.

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