28 Marzo 2024, giovedì
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No di Karlsruhe alla soglia del 3%

La Corte costituzionale tedesca, Bundesverfassungsgericht (Bvg), dichiara l’incostituzionalità della soglia del 3% inserita nella legge tedesca per le elezioni del Parlamento europeo. Quella del 26 febbraio è l’ultima di una serie di sentenze tedesche che si inseriscono nel dibattito europeo.

Quando abbiamo appreso l’ultima decisione di Karlsruhe stavamo ancora discutendo della decisione del 7 febbraio 2014, con la quale il Bvg – pur esprimendo seri dubbi della Banca centrale europea sulla legittimità delle misure Omt, il programma di cosiddetto acquisto illimitato di titoli di Stato di paesi dell’eurozona in difficoltà finanziarie – si è avvalso per la prima volta della procedura di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.

Il cammino del sistema elettorale Pe
Al momento non esiste una disciplina uniforme per le elezioni europee. Il Trattato prevede che vi si possa arrivare, peraltro attraverso una procedura assai gravosa (art. 223 Tue), che non è stata fin qui attivata. Per ora, esistono soltanto alcuni principi comuni, stabiliti nell’Atto sull’elezione del Parlamento europeo (Pe) del 1976, come modificato da ultimo nel 2002.

L’Atto richiede che l’elezione avvenga secondo un sistema proporzionale, rinviando per il resto alle leggi nazionali. Le norme elettorali del Pe si diversificano dunque nei vari paesi.

Non è la prima volta che la legge elettorale tedesca incorre nella censura del Bvg. Era avvenuto già nel 2011 (decisione del 9 novembre 2011), e anche in quel caso si discuteva della clausola di sbarramento (Sperrklausel). La soglia, allora fissata al 5%, è stata successivamente ridotta al 3%; ma questa modifica non è stata giudicata sufficiente a rimuovere il vizio di costituzionalità.

Per la Corte, la parità del voto elettorale per cittadini e partiti costituisce un principio fondamentale della Costituzione tedesca (articoli 3 par. 1 e 21 par 1 Grundgesetz); un principio che tollera limitazioni solo in casi eccezionali, in particolare per proteggere la funzionalità dell’organo parlamentare che si va ad eleggere. Ma questa giustificazione non si applicherebbe al Pe, che – sempre ad avviso della Corte – può funzionare regolarmente anche in assenza della regola in questione.

I rappresentanti del Bundestag e del Pe si sono sforzati, nel corso del giudizio, di dimostrare il contrario. Hanno fatto valere che il Pe si sta avviando verso una maggiore politicizzazione, come evidenziato dalla nomina da parte di ciascun gruppo politico, nella campagna elettorale in corso, di un proprio candidato alla Presidenza della Commissione.

Ne risulterà – si è argomentato – un contrasto più netto tra maggioranza e opposizione, con la necessità di maggioranze stabili a sostegno della Commissione. Di qui l’esigenza di evitare un eccessivo frazionamento del Pe. La Corte non si è lasciata tuttavia convincere da questi rilievi. Pur prendendo atto dell’evoluzione in corso del Pe, è rimasta ferma sul punto che allo stato attuale non sussistono elementi tali da giustificare una lesione del principio fondamentale della parità del voto.

Sperrklausel
Ciò premesso, due aspetti della sentenza sembrano specialmente meritevoli di attenzione; il primo riguarda l’atteggiamento del Bvg verso il Pe, nei confronti del quale par di leggere espressioni meno negative che in passato.

Si pensi alle sentenze Lisbona del 2009 e a quella sulle soglie del 2011. La prima conteneva una forte contestazione della legittimità e rappresentatività democratica del Pe: le critiche si appuntavano, da un lato, sulla ripartizione nazionale degli eletti secondo un criterio di proporzionalità regressiva; dall’altro, sull’assenza di uno spazio politico europeo in senso proprio.

A sua volta, la pronuncia del 2011 argomentava sbrigativamente che il Pe è diverso dal Bundestag, per il fatto che non elegge un governo dell’Unione e perché la sua funzione legislativa non richiede maggioranze stabili. Nella sentenza in esame, la Corte riconosce invece che la situazione a livello europeo è in movimento, anche se ancora in una fase iniziale (in den Anfaengen).

Non si esclude dunque che si possa andare verso una politicizzazione della struttura istituzionale, riconducibile in qualche modo a quella tedesca e tale da legittimare l’introduzione della Sperrklausel. Sembra dunque che si ipotizzi per il futuro un principio di equivalenza “parlamentare”, non dissimile da quello evocato a suo tempo nelle sentenze Solange (1974 e 1986) in tema di tutela dei diritti fondamentali.

Introduzione soglia
L’altro punto da segnalare attiene alla posizione del Bvg nei riguardi del diritto dell’Unione. La Corte sottolinea che allo stato attuale non esiste una norma comune europea in tema di sbarramento elettorale. L’Atto del 1976 sopra citato, anche dopo la modifica del 2002, si limita a prevedere che gli stati possano adottare una soglia (comunque non superiore al 5%). Si tratta peraltro di una facoltà, non di un obbligo; e d’altra parte, come osserva la Corte, un obbligo nemmeno si può ricavare dalla Risoluzione del Pe del 22 novembre 2012.

Questa contiene un semplice invito all’introduzione di una soglia nelle leggi nazionali, non l’imposizione di un obbligo giuridicamente vincolante. Come si vede, la Corte tiene a precisare che non esiste per ora un vincolo dell’Unione alle scelte del legislatore tedesco. Il che induce a pensare che se viceversa una norma europea fosse adottata, la censura di incostituzionalità potrebbe cadere.

La Corte non lo dice esplicitamente; ma vi si può scorgere una qualche maggiore deferenza verso il diritto dell’Unione, a conferma di quanto desumibile dal primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia di cui alla decisione Omt di poche settimane fa.

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