26 Aprile 2024, venerdì
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WhatsApp: da Facebook “privacy a rischio” e passano a Telegram del russo amico di Putin

WhatsApp nelle grinfie di Facebook ha terrorizzato molti utenti che hanno visto a rischio la loro privacy e dopo la notizia che l’azienda di Mark Zuckerberg l’aveva comprato, milioni gli utenti hanno lasciato il servizio di messaggistica per altre applicazioni dello stesso tipo: Snapchat, Line e Telegram.
In questa fase, che il padrone di Telegram sia un tycoon russo, Pavel Durov, grande amico di Vladimir Putin, non preoccupa più di tanto.
Come la grande fuga da WhatsApp è descrtitta da Massimo Gaggi sul Corriere della Sera ha il sapore delle cronache di Caporetto:
Milione dopo milione, continua la lenta emorragia di utenti dei servizi di messaggistica che lasciano Whatsapp – l’applicazione venduta a sorpresa dal fondatore, Jan Koum, a Facebook poco più di due settimane fa – per passare a piattaforme alternative. Ragazzi e adulti che temono di ritrovarsi controllati in tutte le loro scelte di vita e di consumo dall’occhio inquisitore dell’azienda di Zuckerberg, passano a Snapchat, a Line, ma soprattutto a Telegram: un vero e proprio clone russo di Whatsapp che nei giorni scorsi ha guadagnato parecchi milioni di utenti. Cinque milioni li ha conquistati in un solo giorno, il 22 febbraio, quando, 48 ore dopo l’annuncio dell’acquisizione da parte dell’azienda di Mark Zuckerberg, il servizio di WhatsApp rimase bloccato per 210 minuti a causa di un’avaria dei server.
Ma perché di questa emorragia (comunque limitata: WhatsApp ha 450 milioni di utenti) ha beneficiato un nuovo entrante come Telegram, cioè una società che vive grazie alle donazioni del ricco imprenditore russo Pavel Durov, assai più di altri servizi di messaggistica più noti e consolidati come WeChat, Kik, Line, Viber, Snapchat? E perché adesso in questo business si lancia anche la piattaforma Wickr annunciando un grosso investimento per garantire la sicurezza dei messaggi (crittati e dotati di un meccanismo di autodistruzione) finanziato da molti investitori tra i quali spuntano l’ex zar antiterrorismo Richard Clark e Gilman Louie, l’ex capo del fondo di «venture capital» della Cia?
Una risposta precisa a queste domande ancora non ce l’ha nessuno. O meglio, una riposta la si può andare a cercare consultando la voce «sicurezza»: molto simile a WhatsApp, Telegram offre tuttavia comunicazioni più sicure agli utenti spaventati dallo spionaggio della Nsa, l’agenzia federale di «intelligence» che setaccia sistematicamente Internet. Durov, un imprenditore libertario che si atteggia a filantropo, sostiene di aver lanciato Telegram perché voleva creare un sistema di comunicazione inaccessibile alle autorità russe. Sulla sua purezza filantropica, però, è lecito avanzare qualche dubbio, soprattutto dopo che l’imprenditore ha ceduto una quota consistente di VKontakte, il suo «social network», una specie di Facebook russo con 200 milioni di utenti, al miliardario Alisher Usmanov, molto vicino al presidente Vladimir Putin.
Mentre Telegram punta sulla sicurezza, Line, che ha 360 milioni di utenti nel mondo e cresce rapidamente in Spagna, nel mondo arabo e in America Latina, arranca negli Usa (solo 10 milioni di utenti) nonostante abbia arricchito la sua messaggistica con l’offerta di servizi aggiuntivi: giochi, foto, «stickers» digitali. Anche le altre piattaforme americane si stanno sforzando di migliorare l’offerta di servizi e la protezione delle comunicazioni (…)

Telegram vive grazie alle donazioni di Pavel Durov, scrive Federico Sbandi sul Fatto Quotidiano, giovane imprenditore russo fondatore diVKontakte, ci informa sul Fatto Federico Sbandi. Si tratta di
“un social network da più di 200 milioni di utenti. Per inquadrare il personaggio, si sappia che Durov è il libertariano che nel dicembre del 2012 lanciò dal suo ufficio di San Pietroburgoaeroplanini di denaro da 5000 rubli ciascuno per poi filmare con gusto la folla che, in preda alla disperazione economica più totale, si azzuffò a terra per cercare di raccogliere i soldi lanciati. Nonostante ne sia ancora formalmente il CEO, nel gennaio di quest’anno Durov ha ceduto la quota più consistente di VKontakte ad Alisher Usmanov, semplicemente l’uomo più ricco della Russia nonché grande amico del Presidente della Repubblica federale Russa. Per inquadrare anche questo personaggio, si tenga presente che Usmanov è il magnate che nel dicembre del 2011 licenziò due senior manager di Gazeta.ru – quotidiano online di sua proprietà – per aver pubblicato due foto in chiave anti-Putin.
Durov, VKontakte, Usmanov, Putin. Di questo circolo vizioso non ne giova l’indipendenza delle diverse piattaforme digitali e, soprattutto, non ne giova la sicurezza dei dati degli utenti. Ma il caso russo è solo un espediente utilizzato per descrivere una realtà ben più globalizzata”.

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