28 Marzo 2024, giovedì
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Referendum Svizzera, alcune imprese cominciano a preparare le valigie

In Svizzera, dopo il risultato dell’iniziativa referendaria del 9 febbraio scorso “Contro l’immigrazione di massa” che prevede un tetto alle quote di immigrati e la rinegoziazione del trattato di libera circolazione con l’Ue, alcune imprese internazionali avrebbero iniziato i preparativi per spostare altrove la propria sede. “Ci è stato chiesto di preparare il trasferimento del gruppo in Irlanda”, ha detto al Tages Anzeiger un consulente finanziario che lavora per una multinazionale attiva nel settore energetico. Avvocati, revisori e fiscalisti lavorano alacremente per cercare di capire come l’impresa, che conta 40 mila dipendenti nel mondo di cui una cinquantina nel cantone di Zurigo e che non si aspettava affatto una vittoria dei sì al referendum, possa lasciare la Svizzera senza un eccessivo impatto sul fronte fiscale.
Secondo la stampa elvetica, un altro gruppo, che intendeva costruire nel cantone di Zoug un nuovo centro di ricerca e sviluppo, dopo il referendum ha sospeso il progetto. Mentre nel cantone di Zurigo un’impresa attiva nel settore della tecnologia aveva in previsione di delocalizzare la divisione software nell’Est Europa ma mancava la decisione definitiva. Che è puntualmente arrivata proprio dopo il 9 febbraio, come ha riferito un dirigente. Sono casi isolati, per il momento. Quel che è certo è cresce il nervosismo, soprattutto tra le imprese situate presso i confini che hanno tra i propri dipendenti lavoratori frontalieri e che temono un aggravio dei costi e un aumento della burocrazia in caso di nuove assunzioni.
Intanto, il portavoce della Commissione europea Joseph Hennon ha confermato alla Rts che le trattative sui futuri accordi riguardanti la ricerca “Horizon 2020” e quelle inerenti agli scambi fra studenti “Erasmus+” subiranno una battuta d’arresto.
A seguito del referendum il governo di Berna ha anche sospeso la ratifica dell’accordo già negoziato sulla libera circolazione con la Croazia. I programmi sulla ricerca ed Erasmus erano arrivati a scadenza il 31 dicembre scorso. Gli accordi consentivano ai politecnici e alle università svizzere di ricevere denaro dal budget europeo.

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