29 Marzo 2024, venerdì
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Intervento in Aula per l'Electrolux

electroluxSignor Ministro Zanonato,
la vertenza Electrolux ha vissuto nei giorni scorsi una svolta speriamo decisiva di cui Lei ha dato conto poco fa. Un’inversione sulla prospettiva di chiusura dello stabilimento di Porcia che ci permette di accompagnare questa discussione con un cauto ottimismo. Abbiamo a mente in primo luogo i lavoratori e le loro famiglie, che vivono da giorni con trepidazione e angoscia l’evolversi della crisi. Abbiamo bisogna di dire parole di speranza, fondate su azioni qualificate.
Come Partito Democratico in questi mesi eravamo già intervenuti per primi anche a livello parlamentare nello scorso mese di ottobre, immediatamente dopo l’annuncio dell’investigazione da parte dell’azienda.
Volevamo sollecitare l’azione pronta del governo a difesa dell’occupazione e più complessivamente a salvaguardia di uno dei settori produttivi ancora qualificati del nostro paese.
Guardando oltre all’intera rete industriale della multinazionle svedese che coinvolge quattro regioni – a Porcia, Susegana, Forlì e Solaro – verso l’intero comparto produttivo, la crisi Electrolux è il segnale di un sistema che sembra aver perso non solo competitività ma anche lucidità strategica.
Gli elettrodomestici rappresentano infatti una cartina di tornasole sintetica di alcune vicende su cui si annodano le sorti della produzione industriale del Paese.
– La questione della stagnazione del mercato e del potere d’acquisto delle famiglie conessi anche all’evoluzione demografica;
– La questione dell’innovazione del prodotto e della capacità di servire le nuove necessità di vita;
– La questione del costo del lavoro, e più in generale della scarsa competitività del sistema-paese;
sono tutte sul piatto, intrecciate insieme.
Sullo sfondo c’è in gioco anzitutto il diritto dei lavoratori, sostenuti dalle forze sindacali.
Sono loro ad aver capito, come attesta anche il blocco delle merci ai cancelli di Porcia che ho personalmente visitato, la necessità di agire scendendo in campo a tutela del loro futuro secondo il profilo della solidarietà.
La stessa solidarietà univoca messa in campo al tavolo negoziale dai presidenti delle quattro regioni coinvolte: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
Finalmente tutti per uno e uno per tutti, si sarebbe detto una volta, evitando l’errore di trattative separate che permettono alle multinazionali di lucrare sulla debolezza delle istituzioni, come è avvenuto ad esempio nel caso della Ideal Standard di Zoppola, sempre in Provincia di Pordenone.
E così quando anche il governo ha fatto capire che stava sul punto, l’azione di fermezza a quanto pare ha cominciato a dare i suoi frutti.

Bene signor Ministro.
Evidentemente Electrolux in queste settimane, come forse c’era da aspettarsi sin dall’inizio in coerenza con le positive tradizioni di relazione con il territorio dell’azienda, ha finalmente avuto una percezione diversa degli impatti che l’eventuale chiusura di Porcia avrebbe comportato sulla sua stessa capacità produttiva complessiva nel nostro paese.
Una percezione e un cambio di prospettiva aziendale che anzitutto vanno immediatamente accompagnati dall’allentamento del blocco dell’uscita delle merci dall’azienda. La sofferenza commerciale a cui sta andando incontro l’azienda finirebbe infatti per riflettersi negativamente proprio sul settore produttivo e dunque sui lavoratori.
La lezione che ne deriva da questa vicenda di crisi è evidente:
1. occorre assicurare sempre maggiore coesione tra livelli istituzionali e prontezza di azione nel sistema Paese
2. occorre temperare la legislazione con norme che indirizzino maggiormente al criterio della responsabilità sociale dell’impresa, ma non basta. Il suo ministero è definito “Dello sviluppo economico” e non possiamo dunque limitarci a discutere della salvaguardia dei “posti di lavoro”. Le proposte per le necessarie riduzioni del costo del lavoro possono arrestare temporaneamente l’emorragia, e perciò vanno senza dubbio poste sul tavolo della trattativa per bloccare la chiusura degli stabilimenti italiani, ma non possono guarire una malattia che ha radici economiche globali prima ancora che locali.
La posta in gioco con lo sviluppo di cui Lei è responsabile è soprattutto la vocazione manifatturiera del nostro paese emersa nel secondo dopoguerra, ed è perciò più profondamente “il lavoro” come diritto costituzionale fondamentale. Abbiamo bisogno di parlare di futuro, signor ministro, e delle misure che il governo intende mettere in campo per rilanciare lo sviluppo del lavoro.
Questa è la chiave con cui ha agito ad esempio Unindustria pordenonese, proponendo un piano straordinario legato alla capacità del territorio di attivare livelli inediti di contrattazione locale per abbattere il costo del lavoro e rilanciare la competitività. Bene.
Questa è la chiave con cui ha agito la Regione Friuli Venezia Giulia, con la presidente Serracchiani e l’assessore Bolzonello, mettendo in gioco importanti risorse per avviare nel territorio elementi di competitività e attrattività fiscale per le imprese.

Bene

Questa è la chiave perchè anche il Governo faccia la sua parte, con provvedimenti strutturali che in tempi medio-brevi riducano il costo del lavoro e i costi della produzione.
Ma anche spingendo al tavolo l’azienda a giocare la partita in modo nuovo, a beneficio degli assetti produttivi del futuro.
L’Italia, non avendo materie prime, ha una vocazione industriale legata alla trasformazione industriale ed è sul valore aggiunto dunque che gioca le sue carte. L’Italia deve fare bene “L’Italia”, come direbbe il collega Realacci.
Vuole ancora produrre elettrodomestici? Prenda esempio allora dai successi del passato.
Basti ricordare che il successo della Zanussi-Rex si è fondato sulla capacità di anticipare il futuro, guardando alle nuove esigenze che affioravano in seguito al boom economico.
Ora è tempo di ripartire ponendo sul tappeto nuovamente le stesse domande.
Per rilanciare l’occupazione occorre investire su produzioni non solo aggiornate ma anche del tutto nuove. Gli elettrodomestici del futuro potrebbero legarsi a due filiere in forte evoluzione: la domotica e la trasformazione della rete di distribuzione elettrica. Investimenti di avanguardia farebbero bene all’intero paese, siamone convinti.
Il rilancio della capacità produttiva del paese dipende in larga misura dalla capacità di ripensare l’intera vocazione manifatturiera. Se non si vuole che gli investimenti pubblici si risolvano in una sorta di cure palliative a malati terminali, dovranno essere vincolati a questa nuova direzione.
Ecco perchè al tavolo Lei, insieme a proposte di emergenza, dovrebbe chiedere all’azienda di giocare una parte decisiva. Porcia tra l’altro è la sede del reparto Ricerca e sviluppo, per cui le ragioni della sua permanenza attiva all’interno del piano industriale di Electrolux non si possono e devono computare solo in termini di convenienza immediata con la Polonia o con altri stabilimenti più o meno virtuosi del gruppo.
In conclusione, diciamolo con chiarezza, l’azienda sin qui non aveva fatto certamente bella figura scaricando tutta la questione sui costi di produzione e sulle opportunità offerte dalla delocalizzazione.
Questo turn-around era atteso e ora che il piano della discussione si è riequilibrato, la partita per il futuro sulla produzione di elettrodomestici in Italia può ripartire.
E’ una partita dove tutti possono vincere. Insieme.
Tocca a tutti e a ciascuno metter sul piatto le carte giuste.
Soprattutto, non lo dimentichi signor Ministro, è bene farlo in fretta, perché il mercato, con la sua innata aggressività, non fa sconti e l’incertezza è fonte di perdite che rischiamo poi di pagare doppiamente.

Ufficio Stampa

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