14 Dicembre 2024, sabato
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Avete visto in giro il salva Lega?

Si discute, e parecchio, del salva Lega. Sembra che nell’intesa raggiunta fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi rientrasse una norma tale da consentire a una lista, presente in un rilevante numero di circoscrizioni e sostenuta da un’elevata percentuale di voti in alcune, di partecipare al riparto dei seggi ottenuti dalla coalizione di competenza, pur senza raggiungere la soglia di sbarramento. Il testo uscito dalla commissione Affari costituzionali di Montecitorio non prevede tale disposizione, ma nel mondo politico si dà per certo che una soluzione sia stata garantita da Renzi alla controparte. Infatti il plenipotenziario tecnico del segretario democratico per la riforma elettorale, Roberto D’Alimonte, così annunciava il 21 gennaio: «Per la Lega è prevista una clausola di salvaguardia che le consentirà di sopravvivere nei suoi territori anche nel caso in cui non arrivi al 5% a livello nazionale». Salvo errori, era l’unico, quel giorno, a possedere la notizia: di prima mano, va detto. Adesso ci si chiede quali livelli una simile lista dovrebbe raggiungere per ottenere seggi. Per esempio: in quante circoscrizioni dovrebbe presentarsi? Si parla di almeno i tre quarti. Quale percentuale dovrebbe raggiungere e in quante circoscrizioni, per rimediare al mancato raggiungimento della soglia nazionale di sbarramento (oggi il 5%, prevedibilmente il 4,5%)? L’ipotesi maggiormente accreditata parla di tre circoscrizioni, col conseguimento di almeno il 9% dei voti in ciascuna. Va chiarito subito che pure con simile disposizione i leghisti potrebbero rimanere a bocca asciutta. Senz’altro al Senato, ove solo in Lombardia e nel Veneto (due circoscrizioni) superarono il 9% nelle ultime politiche. Quanto alla Camera, potrebbero respirare se il riferimento a tre ripartizioni territoriali fosse operato a tre collegi plurinominali e non a tre regioni o circoscrizioni. Le opposizioni che si avvertono a una simile norma sono facilmente motivate con l’essere concepita fotograficamente per la sola Lega Nord. In effetti, disposizioni che consentano a partiti territorialmente e non nazionalmente radicati esistono in molte legislazioni, ma sovente, come avviene in Italia, per tutelare minoranze etniche (pure l’italicum le disciplina). Oppure è il sistema elettorale che, come in Ispagna, prevedendo solo collegi plurinominali e non consentendo recuperi nazionali dei resti, di per sé consente o agevola la conquista di seggi a liste locali. L’obiezione più robusta riguarda l’irragionevolezza di consentire alla Lega, perché teoricamente forte in alcune zone, di ottenere seggi con appena il 3% nazionale e di negarne, invece, a Sel, con il 4%, ma senza concentrazioni territoriali. Da più parti si vorrebbe introdurre una disposizione generale, mirante a salvare (un po’ come il porcellum) la lista prima esclusa di una coalizione, indipendentemente dal seguito nazionale o locale. In tal modo (sulla carta, beninteso) otterrebbero seggi tanto Sel, alleata del Pd, anche se sotto il 4,5%, quanto la Lega o il Ncd, se uno dei due partiti stesse sotto il 4,5% nella coalizione con Fi (ovviamente, se nessuno dei due superasse il 4,5%, soltanto la lista più votata fra le due sarebbe ammessa alla spartizione dei posti).

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