Duecentocinquantamila precari del pubblico impiego da stabilizzare obbligatoriamente ed urgentemente, con un macigno di spesa pari a circa 8,5 miliardi. Sarebbero queste le conseguenze dell’ordinanza della Corte di giustizia Ue ezione VIII, 12 dicembre 2013, nella causa C-50/13, secondo l’interpretazione che ne dà la Cgil. Prontamente smentita, tuttavia, dal Ministro della Funzione Pubblica D’Alia. Secondo la Corte di giustizia la normativa italiana che disciplina il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in particolare l’articolo 36, comma 5, del d.lgs 165/2001, vìola la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Essa, infatti, vieta la successione indiscriminata di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, considerandoli come eccezione alla regola generale, che impone ai datori di lavoro, anche pubblici, di assumere a tempo indeterminato. E’ possibile apporre il termine ai contratti solo in presenza di ragioni obiettive, che vanno evidenziate anche per giustificare il rinnovo; le legislazioni nazionali, inoltre debbono specificare la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi ed il numero massimo dei rinnovi.