4 Dicembre 2024, mercoledì
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“Stabilizzate i precari statali”: per la Ue, Roma viola la normativa europea

“Stabilizzate i precari pubblici”: per la Ue, Roma viola la normativa europea. Forse nemmeno il Maestro della Banda municipale di Aosta che ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea sperava che un giudice desse ragione a lui e alle migliaia di precari impiegati nella Pubblica amministrazione per ottenere il sospirato contratto a tempo indeterminato. Una dirompente e inattesa ordinanza del 12 dicembre, infatti, stigmatizza la normativa italiana sul lavoro, la quale viola quella europea soprattutto perché non sanziona il ricorso abusivo da parte del datore di lavoro pubblico a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
La Cgil, forte del pronunciamento, esulta e chiede la stabilizzazione dei 250 mila precari pubblici italiani, forse esagerando perché non tutti i contratti a tempo determinato sono “precari” per definizione: lo sono, per la precisione, quelli che vengono rinnovati senza giustificazione e senza la previsione di una durata massima del contratto. Non lo sono, invece, quelli che derivano dalla ripetuta affermazione del dipendente in concorsi pubblici. Al contrario, appare non esaustiva la giustificazione del ministro della Funzione Pubblica D’Alia per cui il Governo ha già adottato strumenti legislativi per contenere il ricorso al precariato: la legge 101 non sanziona il datore di lavoro che inanella una serie ingiustificata di contratti a tempo determinato, si tratta tutt’al più di una sanatoria e non garantisce se non una minima parte dei precari pubblici.

La Corte di giustizia europea ha bocciato, in parte, la legislazione italiana sul precariato nella Pa sostenendo che essa è in contrasto con la direttiva comunitaria sulle tutele contro gli abusi nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato. La Cgil va all’attacco sostenendo una “revisione epocale” della normativa. Ad oggi sono circa 250.000 i precari che lavorano nelle fila della Pubblica amministrazione “per i quali si potrebbero aprire le porte dell’assunzione a tempo indeterminato”, aggiunge il sindacato.
Il ministro della Pa e Semplificazione, Gianpiero D’Alia, replica evidenziando che il governo “è già intervenuto con il decreto 101, convertito in legge, che ha come obiettivo proprio il superamento definitivo del fenomeno del precariato” e sottolineando l’impossibilità di “stabilizzazioni di massa”. La sentenza della Corte Ue, dello scorso 12 dicembre (che parte dal caso di un Maestro della Banda municipale di Aosta), si sofferma in particolare sulla difficoltà (se non l’impossibilità) per il lavoratore, per ottenere il risarcimento del danno, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego. Inoltre, il decreto legislativo italiano sul pubblico impiego 165 del 2001, indica che nella Pa, in caso di violazioni, il rapporto di lavoro a tempo determinato non si può trasformare in tempo indeterminato.
La Cgil sottolinea che la Corte di Lussemburgo ha dichiarato “l’illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico, accertando che l’Italia e la normativa interna non riconoscono ai lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo”. E ha così fornito, prosegue il sindacato, un’indicazione netta all’Italia: “Necessita in via urgente, assoluta e primaria una revisione epocale della normativa di riferimento in materia di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego”.
Altrettanto netta la risposta del ministro, che ricorda come il provvedimento di fine ottobre ha “introdotto il principio secondo cui l’unico modo per accedere nella Pa è a tempo indeterminato” insieme ai concorsi riservati ai precari. E per questo, prosegue D’Alia, “spiace che nel dare valutazioni un sindacato come la Cgil non tenga conto dei passi avanti compiuti fino a oggi, in una situazione emergenziale e con risorse ridotte che non consentono certamente stabilizzazioni di massa”.

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