25 Aprile 2024, giovedì
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Così lo Stato italiano tratta un suo «fedele servitore»

Possiamo solo immaginare l’ansia, la frustrazione, le notti insonni che il poliziotto Vincenzo Puliafito deve aver passato. Lui, fedele servitore dello Stato, costretto a subire l’umiliazione di otto anni di processo pur essendo completamente innocente.

Come riporta La Stampa, tutto è iniziato un maledetto 15 giugno 2006 quando Puliafito ricevette un avviso di garanzia firmato Henry Woodcock, il pm potentino dei processi spettacolo, che lo accusava di aver intascato unatangente da mille euro dalle mani Vittorio Emanuele di Savoia per farlo passare dalla frontiera con un fucile «clandestino». Un’inchiesta rivelatasi, al pari di molte altre, null’altro che una bufala. Invece che alla frontiera di Courmayeur, in cui era comandante del Nucleo binazionale del traforo del Monte Bianco, quel giorno (il 3 novembre 2005) Puliafito era a Bardonecchia, Torino, a sorvegliare il sito delle olimpiadi invernali. «Altro che chiudere un occhio a Courmayeur: ero a 200 chilometri di distanza», ha commentato Puliafito. A dimostrarlo aveva in tasca un foglio, timbrato dal Ministero dell’Interno.

Eppure non gli è bastato ad evitare un processo che si è chiuso nel 2011 con l’archiviazione, vista anche l’evidente «incompetenza territoriale» del tribunale di Potenza. Tutto è bene quel che finisce bene? Non esattamente. Già perché, per il processo, il poliziotto haspeso la bellezza di 143mila euro in consulenze legali. Soldi che, pur, trovandosi in torto marcio, la magistratura, oggi non gli rimborsa. Ed è questo l’aspetto più inquietante, più ancora degli errori di Woodcock. Per i travagli fatti passare a sé e alla famiglia, per l’immagine rovinata e le notti insonni Puliafito non ha chiesto i danni allo Stato. Si è limitato, soltanto, a chiedere di chiudere la vicenda con la restituzione di quanto da lui speso. Eppure nel 2013, lo Stato, cui lui ha dedicato la propria vita, gli ha risposto con un sonoro «No». Le motivazioni sono kafkiane. «La mansione di Puliafito non ha alcuna connessione con la condotta contestata in sede penale». Insomma: visto che non eri a Courmayeur ma a Bardonecchia non possiamo rimborsarti. Peccato che il processo fosse basato sul fatto che, secondo i pm, lui quel giorno fosse propri a Courmayer: l’errore, perfin banale, dovrebbe essere un’aggravante per lo Stato e non una scusa per non pagare.

La morale è che oggi, per colpa dello Stato, il signor Puliafito si ritrova senza un quattrino, e con un debito che ricadrà probabilmente pure sui suoi figli. Ecco cosa succede, in Italia, a essere «fedeli servitori» della cosa pubblica. Del resto lo dice lui stesso: «Sono stato economicamente e umanamente dalla giustizia e da Woodcock, che non volle mai ascoltarmi, ma anche da uno Stato che ripaga così chi ha passato una vita a cercare di rendere onore a una divisa». Purtroppo sì.

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