Nel 2007 i paesi avanzati producevano quasi il 75% del Pil mondiale. Nel 2012 (quindi appena cinque anni dopo) questa percentuale è scesa al 63%. Ciò che si supponeva dovesse richiedere dieci o vent’anni è accaduto in cinque. I differenziali di crescita fra paesi occidentali e paesi orientali e paesi che erano in via di sviluppo hanno determinato un consistente spostamento nella distribuzione dei redditi e della ricchezza nel mondo. Soprattutto le multinazionali vogliono stare dove c’è più ricchezza e fuggono lì dove comincia a intravedersi la povertà. Esse quindi stanno attuando un massiccio trasferimento delle loro sedi da Occidente a Oriente. A seguire anche le imprese soltanto nazionali faranno la stessa cosa E la fuga sarà allora come uno sciame d’api. Dunque il peggio (se non si inverte la tendenza) non è ancora arrivato. Per di più, tutti i paesi avanzati stanno vivendo un rapido deterioramento delle proprie finanze pubbliche. Se dieci anni fa le crisi del debito pubblico erano considerate una piaga che affliggeva i paesi in via di sviluppo, oggi questa è la maledizione delle economie avanzate.
Se qualcuno oggi vi parla di ripresa economica dell’Europa vi prende in giro. Così come sono impostati, salvo che non si vogliano dare impostazioni diverse, i paesi europei possono al più sperare di passare da una recessione a una stagnazione. Fanno eccezione la Germania e alcuni paesi di minime dimensioni territoriali come Norvegia, Svizzera, Principato di Monaco, Principato del Lussemburgo, San Marino, Malta.
Nel complesso il paziente Europa è praticamente in coma. Basta dare un’occhiata ai parametri chiave: lavoro, credito, Pil, finanza pubblica.
Cominciamo dal lavoro. La disoccupazione in Europa è a livello “mostruoso” soprattutto nei paesi della fascia latino-meditarranea Italia, Spagna, Portogallo, Grecia.
Qui la disoccupazione ha raggiunto i suoi massimi storici. La disoccupazione giovanile è arrivata a uno sconvolgente 40%. Ammesso che trovino un lavoro in tarda età, chi pagherà a queste persone la pensione?
Tutto questo significa che il danno arrecato sarà per generazioni. Sarà un danno sistemico, che durerà decenni. La cosiddetta ripresa del settore manifatturiero, l’unica di cui si parla, coinvolge in realtà una minima parte dell’economia e, inoltre, non sta affatto creando posti di lavoro: al contrario le aziende continuano a licenziare.
Passiamo al credito. Le banche europee sono esposte a mutui cosiddetti “marci” (impagabili) per almeno 1.000 miliardi di euro. Gli istituti di credito quindi non possono più svolgere il loro compito primario, che è quello di prestare denaro all’economia. Ormai sembrano farmacie che vendono solo prodotti finanziari in cui spesso continuano a stare i cosiddetti titoli tossici americani ossia truffe. I rubinetti continueranno a restare asciutti, e questo prolungherà la sofferenza delle aziende, fino a stritolarle.
Non parliamo poi della finanza pubblica. E’ sempre in continuo deterioramento anche perchè le politiche di austerità, con le quali si vuole risanare il debito, sono sicuramente un rimedio peggiore del male che si vuol curare.
Il più grande economista del secolo scorso Jhon Keynes insegnava che quando calano gli investimenti e i consumi la spesa pubblica deve aumentare in modo da compensare il calo che produce nel reddito complessivo la crisi degli investimenti e dei consumi. Ebbene l’insegnamento di Keynes viene sistematicamente ignorato. Anzi. Le politiche di austerità sono impostate sul principio opposto: se calano gli investimenti e i consumi deve calare anche la spesa pubblica. Il risultato è che non solo non c’è la ripresa auspicata ma aumentano le tasse (l’aumento di un punto dell’IVA in Italia serve – tra l’altro – a finanziare la cassa integrazione in deroga sempre in aumento) e questo soffoca ancor di più l’economia, col risultato paradossale che i governi pur aumentando le tasse ne incassano meno e devono spendere di più. La sempre maggiore esigenza di ammortizzatori sociali per le valanghe di disoccupati che il sistema basato sull’austerità viene a creare fa spendere di più in termini di spesa sociale. E questo – ovviamente – peggiora i conti invece che migliorarli.
I nostri titoli di Stato si vendono a tassi d’interesse pressoché inaccettabili: quasi al 5% il Btp, contro un tasso che sarebbe “sano” e che è quello dei bond tedeschi che è dell’1%.
Se poi si continua a negare la gravità della distruzione economica e sociale che ci hanno inflitto le politiche di austerità, – scrive giustamente l’economista Paolo Barnard – ne sarà impossibile uscirne: perché non sapremo adottare i rimedi adeguati». E così tutte le altre devastazioni del cosiddetto rigore dei conti. «Quanto credete che ci vorrà – si chiede Barnard – per riparare le voragini lasciate da fallimenti aziendali nell’ordine di 150.000 l’anno?».
Ma non è finita qui! Pil. La crescita economica, che è il vero parametro da guardare assieme al tasso di occupazione, rimane ferma, debole, anemica o addirittura, in alcuni paesi, segna ancora tendenze alla recessione. L’Europa arranca, sperando in micro-crescite dello 0,2-0,4%, con l’Italia del tutto ferma al palo. I consumi quindi rimangono bassissimi, l’occupazione non cresce, investimenti non se ne fanno, l’unica consolazione è che l’inflazione non tanto avanza. Ma che cosa ce ne facciamo?
Campeggiano nei supermercati e nei negozi i manifesti “Tutto sottocosto”. In Grecia, addirittura, il governo ha autorizzato i supermercati a mettere in vendita i prodotti scaduti, perché la gente non si può permettere i prezzi di quelli freschi.
In questo contesto liberare almeno i paesi più deboli dall’euro sarebbe come dare almeno una prima boccata di ossigeno ai loro sfortunati abitanti. Ma pur di salvare l’euro in tutti i paesi che l’hanno adottato, Mario Draghi, omino americano posto ai vertici della BCE, ha stabilito acquisiti illimitati di bond fino a tre anni, vincolati però all’impegno dei governi di fare quelle che lui Angela Merkel e la loro proiezione politica in Italia Mario Monti chiamano riforme. Noi le chiameremo più appropriatamente macellazione sociale. Il 6 settembre scorso Mario Draghi per conto del presidente democratico degli Stati Uniti Barak Obama ha dichiarato: «Faremo tutto il necessario per l’euro che è irreversibile. Timori fondati su reversibilità dell’euro sono paure infondate. E ciò rientra pienamente nel nostro mandato». Scusa un pò Mario Draghi: mandato conferito da chi?
Michele Imperio