20 Aprile 2024, sabato
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Il Congo blocca le speranze di 24 famiglie italiane

L’Italia è disegnata con il tratto buffo di un bambino. Dei puntini neri indicano Torino, Monza, Treviso, Roma, Reggio Calabria. In rosso, fra Sicilia e Sardegna c’è scritto: «Vogliamo andare a casa!!! I bambini congolesi adottati».

Dalle città del disegno spedito al Giornale da Kinshasa arrivano le 24 coppie di genitori italiani, che da oltre un mese stanno vivendo un’odissea, non solo burocratica, in Congo. Ogni famiglia ha regolarmente adottato un bambino del posto, ma non possono portarlo in Italia. Le autorità locali hanno ordinato un draconiano blocco delle adozioni, ma l’iter per molte delle coppie «intrappolate» in Congo si era concluso prima e avevano ricevuto il via libera a partire. E ora c’è il rischio che sei famiglie, con il visto scaduto, vengano sbattute fuori. «Nonostante le assicurazioni da Roma, nelle prossime ore potrebbero consegnarci un foglio di via che ci intima di lasciare subito il Paese» spiega al telefono da Kinshasa Corrado Nota, uno dei papà adottivi.
Ieri il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha convocato l’ambasciatore congolese per protestare, ma è servito a ben poco. Il ministro dell’Interno aveva già ribadito la linea dura sul blocco delle adozioni.
«Si sta avvicinando il Natale, ma quest’anno sarà molto triste per la mia famiglia. Dopo più di un mese che siamo in Congo, lunedì mio marito Corrado e il nostro primogenito partiranno per tornare in Italia» scrive Paola Zignone, una delle mamme adottive, in una toccante lettera aperta. E aggiunge: «Io resterò a Kinshasa con il nostro secondogenito, che abbiamo adottato, un bambino stupendo di 7 anni, con tanta voglia di vivere e di avere una famiglia. Passerò il Natale con lui, ma saremo una famiglia divisa e triste». E se non le rinnovano il visto dovrà andarsene subito.
L’odissea ha inizio il 18 novembre quando la coppia arriva in Congo per prendere Julien, un bimbo di 7 anni. Tutte le pratiche sono a posto, compresa la sentenza del tribunale locale. Il 25 settembre il Congo aveva bloccato la adozioni internazionali. A causa di segnalazioni di abusi sui bambini adottati o sulla pratica di cederli a parenti una volta lasciato il Paese. Anche la corruzione ha il suo peso e le adozioni di massa di alcune chiese evangeliche americane.
Per gli italiani, che devono rispettare criteri molto rigorosi, si apre uno spiraglio relativo alle pratiche di adozione concluse prima del blocco grazie ad accordi verbali con il ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge di origine congolese. AiBi, I Cinque Pani, Enzo B Onlus, le associazioni che hanno seguito l’iter fanno partire 26 famiglie, anche se non per tutte i documenti sono pronti.
I genitori italiani vanno in Congo per prendere i loro figli, ma si ritrovano «intrappolati». A Kinshasa sono bloccate nella stessa situazione anche coppie francesi, belghe, canadesi e americane. Solo due famiglie italiane riescono a superare il blocco. Si mobilitano i politici, ma la situazione non cambia. Il sito degli Amici dei bambini, uno degli enti coinvolti, denuncia: «Si sono mosse in maniera scoordinata e inefficace prima il Ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, poi il Ministro degli esteri Emma Bonino. E per quanto l’ambasciatore italiano a Kinshasa, Pio Mariani, sia in collegamento con i nostri connazionali, l’azione diplomatica finora è stata un fallimento».
Alessandra e Antonio, della provincia di Roma, erano così sicuri di tornare in poco tempo che hanno lasciato in Italia la figlia Diletta. Francesca e Marco sono una giovane coppia partita da Treviso. La famiglia di Matteo Galbiati vive dal 5 novembre nella stanza di una struttura religiosa con due bambini di 10 e 7 anni. E l’ultima arrivata, la piccola congolese Sifa, di 3 anni, che non può partire per l’Italia.
Corrado deve tornare a casa lunedì con il primogenito, ma la moglie Paola vuole restare, a patto che le rinnovino il visto in queste ore. Nella lettera-appello inviata al Giornale si chiede come farà, assieme agli altri genitori, a spiegare ai figli adottivi che non potranno partire tutti assieme per l’Italia a causa di problemi burocratici. «Come si fa a tradirli in questo modo – scrive Paola -. Vivremo il nostro Natale con questo macigno sulla testa, chiedendoci se mai nostro figlio capirà perché dobbiamo lasciarlo a Kinshasa e se mai ci potrà perdonare».

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