27 Aprile 2024, sabato
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Così la camorra metteva le mani sul trasporto di ortofrutta in Campania

L’Iva della camorra vale tre euro a bancale, più o meno. Circa mille euro a viaggio. Che cosa sarà mai? direte voi. Eppure, è anche per questo che il prezzo di un chilo di mele o di pere o di arance aumenta, dal mercato alla tavola, di oltre il 200 per cento. E si tratta di un costo che viene scaricato interamente sul consumatore, su chi – insomma – quei prodotti li addenta a casa, seduto a tavola.

Un meccanismo perverso emerso nell’ultima inchiesta antimafia in cui i carabinieri di Mondragone hanno arrestato sette persone per associazione mafiosa, finalizzata alla commissione dei delitti d’illecita concorrenza mediante minaccia e violenza, e di fittizia attribuzione di beni, con l’aggravante dal metodo mafioso. A parte un paio di soggetti già noti alle cronache (il boss Giacomo Fragnoli e il suo “assistente” Emilio Boccolato) il resto della combriccola finita sott’inchiesta è formato da autotrasportatori e padroncini che hanno deciso di vendere l’anima al diavolo.

Una scatola vuota che il padrino di Mondragone Augusto La Torre aveva creato una ventina di anni fa per monopolizzare il business e che poi, con la detenzione e il pentimento del boss, è passata in gestione ai nuovi capi assumendo, di volta in volta, varie denominazioni e anche la forma di una cooperativa e di un’agenzia di intermediazione per il trasporto dei prodotti ortofrutticoli.

Insieme, Casalesi e mafia siciliana, hanno sbaragliato non solo la concorrenza lecita, ma anche quella illecita estromettendo le imprese mafiose riconducibili alla cosca ‘ndranghetista dei De Stefano di Reggio Calabria e a quella dei Mallardo di Giugliano in Campania che pure avevano maturato una certa esperienza nel settore. In ballo, c’è il controllo del trasporto della frutta verso i mercati di Fondi (il più grande d’Europa), Giugliano, Pagani e Nocera. Un business da paura.

Camaleontici, così sono descritti nell’indagine del pm Antimafia di Napoli Cesare Sirignano, i gruppi criminali di Caserta. Perché per impadronirsi degli affari e dei territori hanno adottato una strategia di annessione assai articolata. Perché per impadronirsi degli affari e dei territori hanno adottato una strategia di annessione assai articolata. Che solo in ultima istanza prevedeva il ricorso alla violenza. Il passepartout, in questo caso, era un’azienda che si chiama “La Paganese”, nata sotto l’ala protettrice degli Schiavone di Casal di Principe. Si presentava come leader del mercato, ai futuri nuovi clienti, il proprietario Costantino Pagano.

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