26 Aprile 2024, venerdì
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Professionisti del pane e acqua

Il reddito medio degli avvocati italiani era, nel 1990, di circa 53 milioni di lire. Che, al netto dell’inflazione, corrispondono ai 47 mila euro dichiari nel 2011. Negli ultimi ventun anni, insomma, non c’è stata alcuna crescita. Ma ci sono professionisti che stanno ancora peggio. I notai, per esempio, che in sei anni hanno dimezzato il repertorio, quindi anche i redditi professionali, passando da  129.000 a 66.000 euro. Colpa della crisi, che ha comportato il dimezzamento delle compravendite immobiliari,ma anche della sottrazione di competenze professionali.

La crisi economica deflagrata nel 2008 è indubbiamente una delle cause di questa situazione drammatica. Ma forse non ne è la causa principale. I governi che si sono succeduti dal 2006 si sono infatti messi d’impegno per rendere la vita difficile ai professionisti. Con l’abolizione dei minimi tariffari, per esempio, che ha creato problemi enormi alle professioni tecniche, soprattutto nei rapporti con la pubblica amministrazione: si sono visti in questi anni appalti di progettazione con ribassi d’asta fino all’80%. E poi ancora con l’eliminazione di alcune esclusive o il riconoscimento di competenze a categorie diverse dalle professioni ordinistiche. Nel 1990 c’erano 45 mila avvocati iscritti alla cassa di previdenza, nel 2011 erano oltre 170 mila. E nell’ordine di Roma sono iscritti tanti legali quanti se ne contano in tutta la Francia. Ecco perché nonostante una crescita del volume d’affari complessivo, il reddito medio, in valori costati è rimasto lo stesso a distanza di vent’anni. Per gli psicologi la situazione è addirittura patologica. Basti pensare che solo in Italia esercitano un terzo dei professionisti di tutta l’Europa.

 

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