Gli incontri di oggi a Ginevra tra Stati Uniti, Unione Europea e Ucraina segnano, nelle parole del segretario di Stato Marco Rubio, “i più produttivi e significativi finora in tutto questo processo”. Un’affermazione che conferma la sensazione crescente che il negoziato, dopo mesi di stallo e retorica muscolare, abbia finalmente imboccato una fase più concreta.
A confermarlo è anche Andriy Yermak, capo dell’Ufficio del presidente ucraino, che parla di “ottimi progressi” e di un cammino che “sta procedendo verso una pace giusta e duratura”. Un linguaggio inusualmente ottimista, che riflette il clima delle ultime ore e il lavoro silenzioso dei team tecnici al tavolo svizzero, dove si prova a tenere insieme esigenze militari, equilibri politici e garanzie sulla sicurezza futura dell’Ucraina.
Intanto da Johannesburg, dove partecipa al G20, Giorgia Meloni annuncia di aver avuto, insieme al presidente finlandese Alexander Stubb, una lunga telefonata con il presidente degli Stati Uniti. “Ho trovato disponibilità”, dichiara il presidente del Consiglio, chiarendo che l’Italia “lavorerà sul piano di Trump e non a una controproposta”. Una frase che segnala l’allineamento con l’impostazione americana e che fotografa un cambio di ritmo rispetto ai giorni precedenti, quando la strategia sembrava oscillare tra fermezza e prudenza.
Sul fronte mediorientale, anche la Turchia entra nuovamente in campo. Il presidente Recep Tayyip Erdogan annuncia che lunedì parlerà con Vladimir Putin per favorire il percorso negoziale. Un’iniziativa che conferma l’ambizione turca a mantenere un ruolo centrale nella partita diplomatica, nonostante le tensioni con Mosca e il difficile equilibrio con gli alleati occidentali.
Nel pomeriggio è lo stesso Volodymyr Zelensky a intervenire, affidando a un post su X una dichiarazione calibrata ma significativa. “La leadership degli Stati Uniti è importante, siamo grati per tutto ciò che l’America e il presidente Trump stanno facendo per la sicurezza e continuiamo a lavorare nel modo più costruttivo possibile. Attendiamo nuove notizie dai nostri team in Svizzera”. Il presidente ucraino riferisce inoltre di aver parlato con Emmanuel Macron, segno che Parigi intende restare parte attiva nella tessitura diplomatica.
La tempistica del messaggio non è casuale: poche ore prima, Donald Trump aveva criticato apertamente la leadership di Kiev, accusandola su Truth di “non aver espresso alcuna gratitudine per i nostri sforzi”. Un richiamo pubblico che rischiava di incrinare l’intesa appena ricucita, e a cui Zelensky risponde con una formula più conciliante del solito, utile a sgonfiare la polemica e a mantenere il canale con Washington nella migliore condizione possibile.
Meloni: “Non stiamo aderendo al Purl, e non c’è una deadline”
Nel corso della conferenza stampa conclusiva del G20, Meloni torna anche sul tema del Purl, il meccanismo che consentirebbe agli alleati di acquistare armamenti statunitensi da trasferire direttamente a Kiev. Una questione rimasta sullo sfondo nei giorni scorsi, ma centrale per il futuro della cooperazione militare occidentale.
“Sul Purl non abbiamo una deadline, lavoriamo per priorità”, spiega la presidente del Consiglio. “Adesso stiamo lavorando per un nuovo pacchetto di aiuti. Al momento non stiamo aderendo, poi vedremo, ma non ci siamo dati una scadenza”. Una posizione prudente, che riflette la volontà di mantenere margini di manovra senza chiudere alcuna porta, mentre il governo tenta di calibrare sostegno all’Ucraina, vincoli economici interni e rapporti con l’amministrazione Trump.
La giornata si chiude così con una serie di segnali convergenti: ottimismo misurato a Ginevra, attivismo europeo, manovre turche e una diplomazia italiana che cerca di mantenere un ruolo credibile nella cornice transatlantica. Ma la strada verso una pace “giusta e duratura”, come auspicato da Kiev, resta lunga e complessa. E il fragile equilibrio emerso oggi dovrà reggere alle pressioni e alle aspettative delle prossime settimane.
