In un voto tanto atteso quanto incerto, il Parlamento Europeo ha deciso di non revocare l’immunità parlamentare a Ilaria Salis, l’insegnante e attivista italiana eletta a Strasburgo lo scorso giugno con Alleanza Verdi e Sinistra (AVS). La richiesta era stata avanzata dal governo ungherese, che accusa Salis di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra durante una manifestazione neonazista a Budapest nel 2023.
Il voto si è svolto a scrutinio segreto e si è risolto con un solo voto di scarto, a conferma della forte divisione che attraversava l’emiciclo di Strasburgo. Due settimane fa, la Commissione Affari giuridici aveva già espresso parere favorevole al mantenimento dell’immunità, ma la decisione finale spettava all’Aula.
L’inaspettato ruolo del centrodestra europeo
Secondo diverse fonti interne, il risultato sorprendente sarebbe stato determinato dai voti di alcuni eurodeputati del Partito Popolare Europeo (PPE) o di altri esponenti del centrodestra che, contrariamente alle indicazioni ufficiali del loro gruppo, avrebbero scelto di non sostenere la revoca.
Il PPE, il gruppo politico più numeroso del Parlamento, conta 188 membri. Il suo presidente, il tedesco Manfred Weber, aveva pubblicamente sostenuto la linea favorevole alla revoca, argomentando che le accuse riguardavano fatti precedenti al mandato parlamentare e non coperti quindi dall’immunità. «Non politicizziamo la questione», aveva dichiarato Weber, invitando i colleghi a non trasformare il caso Salis in un terreno di scontro ideologico.
Ma non tutti hanno seguito la consegna. Alcuni popolari avrebbero scelto di discostarsi dalla linea ufficiale, probabilmente influenzati dal contesto politico ungherese e dalla crescente diffidenza nei confronti del governo di Viktor Orbán, accusato da anni di derive autoritarie e di strumentalizzare la giustizia per colpire oppositori e dissidenti.
I numeri e gli schieramenti
Sulla carta, la maggioranza dei gruppi europei si era espressa a favore della revoca. Tuttavia, i gruppi progressisti e liberali – La Sinistra, i Socialisti e Democratici, i Verdi e Renew Europe – avevano annunciato compattezza nel voto contrario, disponendo complessivamente di 310 voti, 41 in meno della soglia necessaria per bloccare la revoca in un’Aula al completo.
A favore della revoca si erano schierati i Conservatori e Riformisti europei (ECR), i Patrioti per l’Europa e l’Europa delle Nazioni Sovrane, che insieme contano circa 191 voti, tra cui quelli della Lega e di Fratelli d’Italia. Restavano infine una trentina di indipendenti, il cui orientamento di voto è rimasto incerto fino all’ultimo.
Un caso politico e giudiziario che divide l’Europa
Ilaria Salis, 40 anni, è diventata un simbolo della battaglia per i diritti civili dopo i 15 mesi trascorsi in carcere in Ungheria tra il febbraio 2023 e il maggio 2024, in condizioni denunciate da più organizzazioni internazionali come degradanti e sproporzionate rispetto alle accuse.
Dopo la sua elezione al Parlamento Europeo, Salis è stata liberata e sottoposta agli arresti domiciliari, per poi ottenere la piena libertà grazie all’immunità parlamentare. In più occasioni ha ribadito di essere innocente e di voler affrontare un processo, ma in Italia, non in Ungheria, dove ritiene che «la sentenza sia già scritta».
Le implicazioni del voto
Il verdetto dell’Aula ha anche una valenza politica più ampia. Nella stessa seduta, infatti, il Parlamento era chiamato a esaminare altre due richieste di revoca dell’immunità avanzate dal governo ungherese contro Péter Magyar, esponente del PPE e potenziale rivale di Orbán nelle elezioni del 2026, e contro Klára Dobrev, leader della Coalizione Democratica e figura di spicco del centrosinistra magiaro.
Il contesto, dunque, ha reso la votazione sulla Salis un banco di prova sulla credibilità democratica del Parlamento Europeo nei confronti di Budapest.
Un solo voto che pesa
L’esito finale – un solo voto di differenza – conferma quanto il caso Salis abbia diviso Strasburgo, intrecciando questioni giuridiche, politiche e morali. Se da un lato resta il principio dell’immunità parlamentare come tutela dell’indipendenza degli eletti, dall’altro si riaccende il dibattito su come bilanciare questo diritto con la necessità di non garantire impunità per eventuali reati comuni.
Per ora, Ilaria Salis potrà continuare a esercitare il proprio mandato da eurodeputata. Ma il voto di Strasburgo, oltre a salvare la sua immunità, ha anche messo in luce una crepa nel fronte del centrodestra europeo e una crescente diffidenza verso l’Ungheria di Orbán, sempre più isolata sul piano politico e istituzionale.
Un solo voto, dunque, ma sufficiente a cambiare il destino politico di un’eurodeputata e a ricordare che, anche nei palazzi di Strasburgo, la libertà di coscienza può ancora prevalere sugli ordini di partito.